La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha
Oscar Wilde
Molto spesso si osservano persone di trenta e quaranta anni insoddisfatti del loro stato lavorativo e di quello sociale.
Questo fenomeno è molto frequente nelle società cosiddette avanzate, come la nostra.
Nelle società meno evolute questo è un fenomeno pressoché assente: basta andare in Sud America o a Cuba o in certe nazioni orientali per rendersene conto.
Questo perché dove c'è il progresso c'è anche l'ambizione: così tutti vogliono di più e rincorrono i loro desideri più che i loro bisogni in quanto questi risultano già soddisfatti.
La vita diventa una rincorsa: e più rincorriamo e più ci allontaniamo da noi stessi e l'inquietudine aumenta.
E' questa lotta che causa il dolore e l'insoddisfazione che colpisce sia uomini che donne allo stesso modo.
E la lotta divide, frammenta, non unisce.
Quando le persone giungono nel mio studio hanno, da una parte, un grande desiderio di cambiare e dall'altra uno stato di lotta interiore che occorre placare.
Il desiderio è pur sempre desiderio e in questo movimento del desiderio c’è una lotta incessante, il conflitto degli opposti.
E' come il cane che si rincorre la coda: più si accanisce e più si stanca, si arrabbia e si avvilisce; ma quando capisce che se cammina normalmente la coda gli viene spontaneamente dietro e lo segue allora si illumina...
In fondo con le parole di Ippolito Nievo "Non desiderando nulla, si possiede tutto".
Lo stato di inquietudine va quindi compreso perché caratterizza le società più civilizzate e non ha sesso e in un certo senso non ha età: solo i bambini ne sono esenti. Infatti per loro la vita è un gioco e l'accettano per quello che è, senza scopi in testa, senza sforzarsi di vincere o di arrivare chissà dove.
Il divertimento di per sé è splendido, è fine a se stesso, non è funzionale a nient'altro.
Valgono le parole di Edward Young: "Soltanto colui che nulla si aspetta è veramente libero". E per essere liberi dobbiamo ribellarci ad ogni forma di dipendenza interiore, ma non possiamo farlo se non comprendiamo la ragioni della nostra dipendenza, perché soltanto nella comprensione può esserci libertà.
Le persone più angosciate sono quelle che vogliono e che desiderano di più : così più hai e più vuoi, in un circolo vizioso interminabile. L'età in cui le persone desiderano e vogliono di più è mediamente fra i trenta e i quarant'anni.
Poi dopo i cinquanta la lotta interiore non si esaurisce e non si placa ma cambia forma e diventa "impotenza".
Ma impotenza non significa accettare, perché nasconde, nel profondo, uno stato di non accettazione di se stessi e quindi una lotta interiore, mentre accettarsi vuol dire gioire di se stessi e nasce da una soddisfazione profonda.
E solo l'accettazione dà comprensione.
Risulta chiaro allora che il negare l'avanzare degli anni, la cosiddetta sindrome di Peter Pan, è un'altro modo si scappare da se stessi e quindi di lotta contro una parte di sé: l'invecchiamento.
Come diceva Oscar Wilde "La tragedia della vecchiaia non è di essere già vecchi, ma di essere ancora giovani".