Psicologo a Carpi | Psicologo a Reggio Emilia

Porto addosso le ferite delle battaglie che ho evitato. 

F. Pessoa

Lo stress oltre una certa soglia o ripetuto sembra poter danneggiare il nostro organismo in una infinità di modi. Però, affermare che "stressor" cronici o ripetuti possono aumentare il rischio di malattia è in effetti scorretto, ma in un modo sottile, che inizialmente potrà sembrare una pignoleria semantica. In realtà in nessun caso lo stress fa ammalare e nemmeno aumenta il rischio di malattie. 

Lo stress aumenta il rischio di contrarre malattie che fanno stare male, oppure, se soffrite di una certa malattia, lo stress aumenta il rischio che le vostre difese siano sopraffatte dalla malattia. Questa distinzione, per alcuni aspetti, è molto importante. In primo luogo, tenere ad una certa distanza lo stressor e la malattia consente di dare conto delle differenze individuali, poiché solo alcune persone finiscono con l’ammalarsi davvero. Inoltre chiarendo la progressione che conduce dallo stressor alle malattie rende più facile intervenire nel processo. Infine spiega perché il concetto di stress sembra spesso così sospetto e sfuggente a molti medici che operano nel solco della medicina tradizionale. È nella tradizione della medicina clinica fare delle affermazioni del tipo “stai male perché hai la malattia X” ma, in primo luogo, è in modo altrettanto tradizionale incapace di spiegare come avete contratto la malattia X. Quindi i medici, in effetti, spesso affermano “stai male perché hai la malattia X, non per colpa di qualche stupidaggine che ha a che fare con lo stress”, affermazione questa che non tiene conto del ruolo dello stressor nell’individuare la provenienza della malattia. 

Ma perché la stress psicologico è stressante?

Vi sono potenti fattori psicologici che di per se stessi possono innescare risposte allo stress o far sì che un altro stressor sembri più stressante: credere di non poter avere nessun controllo sugli eventi (perdita di controllo o prevedibilità: l’imprevedibilità rende gli stressor molto più stressanti), non percepire una rete sociale di sostegno, la perdita di sbocchi per la frustrazione o di fonti di sostegno, la percezione che le cose stanno peggiorando. 

Tali fattori giocano un ruolo particolare nella spiegazione di come trascorriamo le nostre vite tutte ugualmente piene di stressor, eppur con gradi così diversi di vulnerabilità. Così possiamo affermare che le persone sono diverse per i filtri psicologici attraverso cui percepiscono gli stressor nel loro mondo. 

Due persone che partecipano allo stesso evento (una lunga attesa al controllo di un supermercato, ansia delle relazioni, preoccupazioni di carattere economico, il superlavoro, il traffico cittadino, violenza psicologica sul posto di lavoro, rapporti conflittuali in famiglia o con amici/conoscenti) possono divergere notevolmente nella percezione psicologica dell’evento. 

Quali strategie generali possono meglio aiutarci quando dobbiamo far fronte ad uno stress psicologico?

Una strategia di successo è trovare uno sfogo per le frustrazioni della vita che si possa utilizzare regolarmente. Attività sportive, discoteca, meditazione, tecniche di rilassamento, passeggiate. Potrebbero funzionare tutti ma solo per alcune persone e non per altre.

Un’altra strategia è trovare i modi per considerare anche le situazioni più stressanti suscettibili di miglioramento ma non negare la possibilità che le cose possano non migliorare. Mantenere attentamente queste due tendenze opposte in equilibrio; sperate per il meglio e lasciate che la speranza domini la maggior parte delle emozioni, ma allo stesso tempo una parte di voi si prepari al peggio.

Coloro che riescono ad affrontare lo stress con successo tendono a cercare il controllo per far fronte allo stress, ma tendono a non controllare nel presente ciò che è già accaduto. Non tentano di controllare gli eventi futuri che sono incontrollabili e di riparare cose che non sono rotte o che non si possono più riparare.

Generalmente è utile cercare informazioni accurate ed in grado di prevedere gli eventi.

Inoltre è importante trovare fonti di relazioni e sostegno sociali. Fate però attenzione a non confondere la vera affiliazione ed il vero sostegno con la semplice socializzazione.

Bibliografia:

 

Anchisi R., Gambotto D.M.   Manuale di Biofeedback. Cortina, Torino 1996.

 

Atti del Ciclo di Seminari, Le Psicoterapie brevi. Modena, 2005.

 

 

Gherardelli, F. Sulle ali del panico. Aurelia, 2009.

 

Goleman D.  L’intelligenza emotiva.  Superpocket, 2000.

 

Ledoux J., Il cervello emotivo: alle origini delle emozioni. Milano, 2003.

 

Sapolsky R. M. Perché le zebre non si ammalano di ulcera?   McGraw-Hill, 1999.

 

Solano L., Coda R., Relazioni emozioni salute: introduzione alla psicoimmunologia.  Padova, Piccin 1994.